La 1º rivista digitale nata in Italia sulla tecnica del Carpfishing – 2011-2024
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Cambiamo canale

Cambiamo canale

Cambiamo canaleChi è abituato alla pesca in canale probabilmente potrà trovarsi spaesato nell’affrontare un grande lago, al cospetto di una vasta massa d’acqua senza alcun riferimento fisso come la sponda opposta del sopracitato canale. La situazione si inverte per chi è abituato alla pesca in lago che, affrontando un canale, pensa che sia sufficiente pescare a ridosso del canneto sulla sponda opposta. Ma allora è meglio la pesca in canale o la pesca in lago?

                                                             

Sarebbe come chiedere se è meglio il profitterol o il tiramisù, la risposta è sicuramente soggettiva ma crediamo che la grande maggioranza dei carpisti, potendo, li sceglierebbe entrambi (anche i dolci). Sicuramente cambiare il tipo d’acqua che frequentiamo sarà un motivo di crescita del nostro bagaglio tecnico e di maggiore esperienza personale nell’affrontare le vicissitudini che possono accaderci durante le nostre sessioni di pesca, a prescindere dal risultato delle pescate in questione.

Pesca in canale

Cambiamo canaleSe non conosciamo il corso d’acqua che vogliamo affrontare è sicuramente consigliabile una ricognizione del luogo dove intendiamo pescare e di fondamentale importanza sarà reperire informazioni da pescatori locali o nei negozi di articoli da pesca nelle vicinanze. Durante la ricognizione ricercheremo eventuali ostacoli come alberi caduti in acqua, pontili, manufatti in cemento e quant’altro possa prestare rifugio e cibo alle nostre amiche pinnute. Da non sottovalutare sotto questo aspetto è sicuramente la vegetazione che cresce sulle sponde come fitti canneti, cespugli o alberi dalle grandi fronde che si protendono per alcuni metri adombrando l’acqua; naturalmente altrettanto importanti sono le eventuali piante acquatiche, vere e proprie dispense di cibo per i pesci.

Possedere una barca e un ecoscandaglio ci aiuterà moltissimo nell’individuazione di ostacoli sommersi o scalini e buche del fondale e di conseguenza troveremo anche il posto dove accamparci con la nostra attrezzatura: facciamo però attenzione perché in molti canali è vietato l’uso della barca. In mancanza di un natante dovremo effettuare il plumbing, praticamente misureremo il fondale tramite un galleggiante legato al termine del filo fatto passare prima in un piombo scorrevole. Dopo aver lanciato, il piombo trascinerà il galleggiante sul fondo, rilasciando il filo la nostra sonda tenderà a riemergere, contando quanti metri di filo abbiamo ceduto per veder affiorare il galleggiante sapremo la profondità dell’acqua nella zona in cui abbiamo lanciato.

11Molto utile e altrettanto semplice sarà sondare il fondo della sponda su cui stazioniamo perché generalmente nei canali è molto simile alla sponda opposta ed in ogni caso mai sottovalutare le potenzialità del cosiddetto “sottoriva” soprattutto nella tranquillità della notte. Con il plumbing andremo a cercare la zona di incontro tra la sponda (quasi verticale) ed il fondale (generalmente orizzontale), in pratica dove ipoteticamente si dovrebbero fermare eventuali detriti che rotolano giù dalla pendenza della sponda. Dovremo cercare di capire, oltre alla morfologia del fondale, anche la sua costituzione, è quindi importante sapere se è duro o melmoso, se completamente liscio o ciottoloso e per fare ciò trascineremo il piombo sul fondo cercando d’interpretare le vibrazioni che ci trasmette alla canna.

Se quando recuperiamo le nostre lenze sentiamo un’iniziale forte resistenza significa che il piombo, e probabilmente anche il nostro innesco, erano letteralmente piantati nella melma; su questo tipo di fondale è consigliato un terminale abbastanza lungo con montatura ad elicottero ed il fermo del rig ad almeno trenta centimetri dal piombo per evitare che amo ed esca sprofondino assieme alla zavorra. Sembra abbastanza ovvio che in una situazione del genere riuscire a scovare una porzione di fondale discretamente duro potrebbe essere la carta vincente per risolvere la nostra battuta di pesca. Proprio per questo motivo non è da scartare l’idea di pescare nella zona di centro canale, visto che generalmente la fascia melmosa staziona vicino alle sponde e più difficilmente verso la metà del corso d’acqua.

Nella pesca vicino alla sponda bisogna tenere in considerazione l’eventuale presenza di gamberi, cozze d’acqua dolce e pesci di disturbo. A volte per evitare il disturbo provocato dai gamberi alle nostre esche è sufficiente distanziare l’innesco di pochi metri dalla riva, visto che questi crostacei difficilmente si allontanano dai loro rifugi per non mettere a repentaglio la propria incolumità. Al contrario, in autunno, prima che i gamberi vadano in letargo nelle profonde buche che scavano nelle sponde, la loro presenza potrebbe rivelarsi un elemento a nostro favore, visto che i grossi ciprinidi cercano di cibarsene prima dell’avvento della stagione invernale.

SPALLANon di rado in molti canali possiamo notare la presenza sul fondo di grosse conchiglie comunemente chiamate cozze d’acqua dolce, solitamente si tratta di Anodonta Anatrina: in questi casi dovremo preoccuparci dell’integrità dei nostri terminali e diventa quasi obbligatorio ricorrere all’utilizzo di terminali guainati e di shock leader in robusto nylon di buone dimensioni, soprattutto se peschiamo con il trecciato in bobina, per evitare che si tagli alla prima partenza di una carpa lasciando noi con un palmo di naso e lei con un amo nel labbro.

Particolare attenzione dovremo riporla nella pasturazione, soprattutto se notiamo una notevole presenza di pesciame tipo carassi, breme, grosse scardole e tutte quelle specie per noi poco interessanti. Una pasturazione abbondante potrebbe riempire lo spot da noi prescelto con questi voraci e indesiderati scocciatori che si faranno notare con continue toccate e calate degli avvisatori rendendoci difficile lo stazionamento dei terminali in pesca.

In questi casi si può tentare, ma non è garantito, di diversificare la pasturazione effettuandola abbastanza massiccia con granaglie e pellet in una zona per noi poco interessante e lanciare poi nel punto prescelto solo gli inneschi infilati in  sacchetti o reticelle in P.V.A. con qualche boilies spezzata e alcune palline lanciate col cobra, sperando che il pesciame di disturbo s’interessi alla grossa quantità di cibo lasciando così tranquilli i nostri inneschi, magari giusto il tempo per una bella partenza.

Pesca in lago

Affrontare un grosso bacino non è sempre facile, anche se la ricerca dello spot potrebbe apparire semplice stando alla teoria per cui le carpe, come tutti gli esseri viventi, ha come priorità la sopravvivenza della specie. A parte la loro riproduzione, che 8dovremmo salvaguardare, a noi può interessare l’aspetto sopravvivenza sotto il punto di vista “rifugio e alimentazione”: basterà localizzare dove si riparano e le rotte che effettuano ber cibarsi ed il gioco è fatto. Purtroppo tra la teoria e la pratica il divario è ampio, per cui forse è meglio attrezzarci di barca, salvagente (sempre) ed ecoscandaglio per partire alla ricerca di quelle zone che possano assomigliare alla teoria sopra citata.

Se il lago è artificiale, quindi provocato da una diga di sbarramento, non dovremmo faticare tanto per trovare scalini, alture o ciò che rimane di vecchie strade sommerse e magari qualche rudere di costruzione, oppure resti di boscaglia quasi integra a causa della scarsità di ossigeno che ne rallenta la decomposizione. Non facciamo però l’errore di andare subito al largo alla ricerca delle carpe: quando queste vengono a cibarsi vicino a riva, e soprattutto se decidiamo di praticare il long range, dovremo usare un po’ di buon senso cercando eventualmente di non arrecare disturbo ad altri pescatori.

Quando avremo individuato le zone per noi più interessanti le segneremo in mancanza di un G.P.S. con un marker, magari uno di quelli luminosi con l’apposito sensore crepuscolare che farà in modo di accenderli automaticamente al calare della luce, così saremo sicuri di ritrovare facilmente il punto prefissato anche di notte e immancabilmente li recupereremo al termine della nostra pescata: bisognerebbe farlo sempre con qualunque tipo di segnalino.

14 VAST.Per cercare di evitare di aggrovigliare le lenze sull’ancoraggio del marker, posizioneremo quest’ultimo più lontano rispetto al punto in cui caleremo i nostri inneschi. Legando al segnalino un galleggiante o una bottiglietta di plastica tramite un filo lungo quanto la distanza di allontanamento dal punto di pesca, avremo un riferimento con un buon margine di precisione diminuendo le possibilità di grovigli.

Se il fondale dove abbiamo deciso di pescare è sassoso con grossi massi correremo il rischio di sfregare ed incagliare il filo che si adagia sul fondo; potrebbe essere una buona soluzione utilizzare una treccia galleggiante in bobina e un grosso nylon come shock leader. E’vero che la tenuta all’abrasione della treccia è minore rispetto al nylon, ma essendo galleggiante solo il parastrappi poggerà sul fondo, mentre il resto tenderà a restare in sospensione evitando il contatto con i sassi. Con questo tipo di fondale potrebbe essere consigliato l’utilizzo di terminali pop up che, oltre a far risaltare l’esca, preservano l’amo da indesiderate e deleterie spuntature dovute a eventuali contatti con i ciottoli del fondo.

1Durante le uscite notturne in barca può esserci di grande aiuto una fonte luminosa posizionata vicino al pod che ci faccia da riferimento sulla riva per orientarci, sperando non ci sia nebbia, durante il rientro alla nostra base, un po’ come il faro del porto per le navi. Se non possediamo un’imbarcazione useremo il solito sistema del plumbing e non mancheremo anche di controllare visivamente la forma della riva su cui sostiamo, perché probabilmente la pendenza continuerà abbastanza fedelmente anche sotto il livello dell’acqua. Se la pendenza della riva è ripida avremo alte profondità d’acqua abbastanza vicine alla nostra postazione e al contrario con pendenza lieve avremo le profondità maggiori a lunga distanza.

Da non sottovalutare inoltre le zone di sbocco d’immissari o piccoli ruscelli che portano acqua e detriti nel lago. Cercheremo di valutare più zone di interesse in modo che, se malauguratamente non vediamo alcuna attività del pesce nella nostra postazione nel giro di un paio di giorni, potremo optare di spostarci in un altro spot che avremo individuato precedentemente come possibile alternativa.

Uso della line clip

La line clip è per intenderci quel “gancetto” posizionato nella parte bassa della bobina del mulinello dove andremo ad agganciare il filo, nylon o treccia che sia e ci aiuterà ad avere una distanza fissa per lanciare nella stessa zona con il minimo 3scarto di errore. Come tutte le cose, anche questa clip ha i suoi pregi e i suoi difetti: non dobbiamo credere che basti bloccare il filo su questo fermo ed il gioco sia fatto perché non è proprio così.

Innanzitutto bisogna avere buona dimestichezza con il lancio, soprattutto nella forza che imprimiamo alla canna: se il nostro lancio è troppo forte l’elasticità del nylon allungherà parecchio la distanza raggiunta dal piombo, tanto che se volevamo lanciare vicino a un canneto il nostro terminale ci finirà completamente dentro. Al contrario, se invece usiamo un trecciato, proprio la mancanza di elasticità farà “rimbalzare” la zavorra con l’innesco verso di noi di parecchi metri.

Ovviamente il lancio con il fermo non lo effettueremo stando in piedi vicino al pod dove posizioneremo la canna, ma parecchi metri più indietro, dove avremo piantato un picchetto come riferimento per fare in modo che quando una carpa viene allamata potrà portare fuori molto filo dandoci la possibilità di evitare che arrivi al fermo.

3ATeniamo sempre presente che potrebbe accadere l’eventualità di allamare una carpa potente, magari quella dei nostri sogni, che continua a “frizionarci” filo dal mulinello senza la benché minima intenzione di fermarsi e che prima o poi arriverà al fermo sulla clip e proprio per questo motivo il filo non lo avvolgeremo attorno al fermo, ma ci limiteremo a farlo passare da sotto in modo da avere almeno una piccola possibilità di sganciarlo abbastanza facilmente prima che il pesce metta in crisi la tenuta della nostra lenza.

Testo e foto di Marco e Vanni Pirani

 

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